Santa Giulia Omelia della Festa di SANTA GIULIA Patrona di Livorno 2003
tenuta in Cattedrale da S.E. Rev.ma Mons. DIEGO COLETTI, Vescovo di Livorno
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OMELIA ALLA FESTA DI SANTA GIULIA
Patrona di Livorno, 22 maggio 2003

Cara Giulia,

invece di fare la consueta omelia, quest'anno vorrei leggere una lettera a te indirizzata. Perdonami se ti chiamo così, semplicemente, Giulia. So che sei una santa, una martire, venerata da secoli in questa terra e da questa gente. Eppure mi piace, per una volta, chiamarti (così) come chiamerei una sorella, un'amica.
Strane circostanze, che qualcuno direbbe casuali, ma che noi sappiamo guidate dalla provvidenza divina, ti hanno legato a questa diocesi. Tu vegli sul nostro cammino e accompagni con la tua intercessione le nostre vicende. Ci sei misteriosamente vicina anche se i tuoi occhi non videro mai questa terra toscana, alla quale approdasti con i segni già consumati del tuo martirio e con la testimonianza già completa della tua fede.

Mi rivolgo a te, dunque, con fiducia, e a te, giovane coraggiosa e coerente, voglio parlare oggi dei nostri giovani.

Te ne parlo anche se, alzando gli occhi da questi fogli, ne vedo pochi in questa cattedrale. Sono pochi sia perché la denatalità li sta riducendo a una sorte di specie protetta, sia perché il momento scolastico tiene molti di loro impegnati nel recupero finale di un tempo di studio troppo a lungo trascurato, sia perché in buona parte i giovani nostri sono molto lontani dal desiderio di incontrarti e di conoscerti e, attraverso di te, d'incontrare e conoscere Gesù Cristo, che tu hai amato fino a dare la vita per lui.
Eppure essi, i giovani, sono il nostro futuro e il futuro del mondo. Il Papa li ha chiamati sentinelle del mattino, aurora di pace, fonte di speranza.
Un grande affetto per loro mi spinge dunque a parlarne un poco con te, Giulia, che giovane come loro, a tutti noi offri questo supremo insegnamento: la vita è piena di gusto e di gioia solo quando si ama fino al punto di essere pronti a morire per l'amato, pronti a donare se stessi senza condizioni, senza scadenze e senza rimpianti, pronti a rifiutare, costi quel che costi, la logica dell'avere e del potere, della violenza e dell'egoismo.
Non so come la pensi tu, cara Giulia, ma i tuoi coetanei di Livorno oggi mi sembrano in gran parte gente buona, nel senso normale del termine. Giovani semplici e schietti, accoglienti, aperti, simpatici e sanamente estroversi.
Questo ci può bastare?
Possiamo accontentarci di non essere ai vertici delle statistiche di criminalità, di spaccio e consumo di droghe, di marginalità e degrado sociale? Anche da noi queste male piante mettono qualche radice, ma non più che altrove, mi pare. E forse meno che in tante altre città. Eppure, Giulia, non mi sembra che ci si debba accontentare.
Il Cristianesimo che tu ci testimoni con il tuo martirio non è la semplice conferma religiosa di una buona educazione, non è l'ornamento sacro di una vita pagana; non è una garanzia in più per il benessere sociale e il conformismo di comportamenti corretti.

Cosa hai diritto di aspettarti, Giulia, dai giovani cristiani di questa diocesi? Cosa desideri e auguri a tutti i giovani di questa città perché vivano una vita bella, autentica, carica di entusiasmo e di gioia?

Con affetto,
Diego




Anche se corro il rischio di essere presuntuoso, penso di potermi immaginare come tu risponderesti a queste due domande, se ti fosse dato il permesso di scrivermi una lettera. La tua risposta suonerebbe, credo, pressappoco così:

Caro Diego,
amico mio e vescovo di Livorno, vengo subito al punto: quattro sono i grandi desideri che porto nel cuore per i giovani della mia città.

Sono quattro passaggi, quattro vie d'uscita, quattro processi di liberazione da orizzonti di vita troppo angusti e oppressivi, nei quali la speranza di tanti giovani rischia di spegnersi.

1. CONTRO LA LOGICA DEL CONSUMO

Chi propone al mondo giovanile soltanto incremento di benessere, sempre nuove possibilità di possesso e di consumo, immediate gratificazioni e l'accontentamento di ogni desiderio, li conduce in un vicolo cieco, o meglio li porta sul ciglio di un baratro, precipitando nel quale non si tocca mai il fondo.

Il primo passaggio è questo: credo che sia necessario invitare i giovani anche e soprattutto a investire le risorse di cui sono ricchi a servizio di ideali grandi e giusti, che meritino fatica e sacrificio, impegno e appassionata dedizione. Questo invito non è un imbroglio, né una trappola: al contrario la qualità della vita non ne viene mortificata, ma esaltata e affinata

2. EDUCARE ALL'AMORE

Un'osservazione analoga alla precedente la suggerisco a chi volesse accontentarsi di offrire ai giovani emozioni ed esperienze eccitanti. Pensiamo al caso serio, che è molto più di un semplice esempio, della sessualità e dell'affettività.

Tu sai, Diego, che io ho vissuto in un'epoca e in una cultura, da questo punto di vista molto simile alla vostra. Il tardo e decadente impero romano proponeva la sessualità come semplice gioco, come oggetto da consumare, come tecnica da imparare, come risposta alla pretesa di una soddisfazione soggettiva.

Chi aiuta i nostri ragazzi e i nostri giovani a scoprire invece, dentro ai meravigliosi e delicatissimi istinti del loro corpo e dei loro affetti, il luogo di grandi scelte, l'occasione di un'impegnativa educazione all'amore oblativo e non possessivo, la austera e liberante bellezza di una castità motivata e non repressiva?

A quanti degli adolescenti di oggi sono risparmiati lo squallore di insaziabili e deludenti esperienze sessuali di ogni genere, di precoci e devastanti relazioni affettive, che nessuno aiuta a decifrare e verificare?

Quanti sono nella tua città gli aborti anche da parte di minorenni, con le loro a volte devastanti conseguenze fisiche e psicologiche?

3. LA RICERCA DELLA VERITÀ

Sulla sessualità come su tanti altri aspetti della vita e della dignità propriamente umana della persona troppi si accontentano di attivare processi educativi che in realtà sono soltanto istruzioni per l'uso.

E fosse solo quello! Il peggio è che tali istruzioni sono pesantemente condizionate da pregiudizi ideologici e da più o meno pesanti pre-comprensioni culturali, sostenute e ribadite da mass media sempre più invasivi. Siamo spesso inquinati da vecchi luoghi comuni anticlericali e anti-ecclesiali.

Oggi, poi, molti si fanno portavoce di un radicale anti-cristianesimo che si presenta con la luminosa credenziale della tolleranza e del dialogo interreligioso.

Ho provato anche io, nel quadro del tardo impero romano, quanto fosse difficile e perfino pericoloso dirsi cristiani, comportarsi da cristiani, testimoniare coraggiosamente la propria appartenenza a Cristo.

Ma tu sai, caro Vescovo, che anche oggi nella tua città ci sono bimbi e bimbe che sono presi in giro se vanno ancora in chiesa e guardati con sospetto e diffidenza se si dicono cristiani e si comportano come tali. Bimbi e bimbe che entrano cristiani nella media superiore e ne escono scettici e diffidenti nella fede. Qualcuno, ad onta della laicità delle istituzioni pubbliche, si è assunto il compito di smascherare sistematicamente gli imbrogli e le menzogne della Chiesa e dei preti, liberando i giovani dai pregiudizi e dalle favole della fede.

Anche qui il rimedio non è certo la ricostruzione da parte della Chiesa di steccati e contrapposizioni polemiche. Ma è un passaggio, una liberazione: io, Giulia, auguro alla mia diletta Livorno e a tutti coloro che amano i suoi giovani di passare dall'istruzione all'educazione, dall'indottrinamento alla ricerca oggettiva e onesta della verità, dalla faziosità all'apertura e al rispetto per tutti, da una visione onesta e vera, ma unilaterale, degli errori dei cristiani, alla critica seria e documentata, equilibrata e saggia su tutto e su tutti, perché, come dice la Sacra Scrittura, occorre "sottoporre tutto a prova e ritenere tutto ciò che è buono".

4. VIVERE LA PROPRIA RESPONSABILITÀ

Infine, molti parlano ai giovani soltanto dei loro diritti. Il discorso sui diritti, sacrosanto e necessario in sé, risulta così gravemente sbilanciato.
Perché non esiste una dichiarazione universale dei doveri dell'uomo?

La libertà, bene supremo della condizione umana, non può sopravvivere se resta senza riferimenti e senza scopi. I giovani cresceranno nel loro senso di responsabilità, nella capacità di assumersi impegni e di affrontare compiti ardui, se accanto ai loro diritti saranno aiutati a mettere a fuoco e tenere ben presenti anche i loro doveri.

Per esempio: la pace è un diritto fondamentale dei popoli. Ma non basterà essere pacifisti per costruirla e mantenerla. Bisognerà che molti, che sempre più numerosi, soprattutto giovani, si trasformino da pacifisti in pacificatori. Pagando di persona quanto è necessario pagare, perché la pace prima di essere un diritto è un impegno e un dovere costante, per tutti.

Caro Diego, devo affrettarmi a concludere, perché se tu dovessi leggere questa mia alle sorelle e ai fratelli che servi come Vescovo, durante la mia festa, non voglio approfittare della loro pazienza. Ma non posso tralasciare di completare il discorso con una domanda che ora, a mia volta, rivolgo a te.

Che ne è della esplicita, forte, motivata, esigente proposta cristiana rivolta ai giovani?
Chi si assume, con serenità ma anche con generosità, questo compito? I genitori? Gli insegnanti? La scuola pubblica non statale di ispirazione cattolica? I gruppi parrocchiali? I sacerdoti e gli altri educatori e animatori?
Al di là delle parole, chi offre ai giovani umili, ma credibili testimonianze di fede motivata e competente, di carità generosa e costante, di speranza che non delude e supera ogni sfiducia e stanchezza?


Rispondimi se puoi.
Con affetto,
Giulia
santa e martire




Porto nel cuore queste domande e le giro anche a voi, fratelli e sorelle.

Abbiamo bisogno di riflettere su di esse molto seriamente, sia per la vita e la vivacità della comunità cristiana, sia per verificare l'importanza e la ricchezza del suo servizio alla città dell'uomo.

Quale futuro può avere una civiltà che educa i giovani in modo unilaterale ai valori delle tre "S": salute, soldi, successo?
Come sostituire, o almeno bilanciare questi tre valori con altre tre "S": servizio, solidarietà, sacrificio?

Convinti come siamo che questa svolta non è una trappola o una gabbia che chiude ai giovani la strada della felicità. Non reprime e non mortifica se non ciò che tarpa loro le ali e squarcia le vele. Dà invece forza di spiccare il volo e soffia forte sulle vele della vita, perché la nostra gioventù possa prendere il largo.

Dove sono i giovani a Livorno?

È bello vederli in Piazza Attias e poi intorno alle varie baracchine del lungomare. È bello intuirli sdraiati al sole e tuffati nel mare quando da giugno a settembre si passa accanto all'interminabile fila dei motorini parcheggiati lungo il Romito.

Ma sarebbe ancora più bello sapere che molti di loro hanno scelto liberamente di fare questo un giorno sì e un giorno no, liberando in tal modo tempo ed energie da impegnare per tutta una serie di cose bellissime: allenarsi con assiduità e fedeltà nello sport non gridato dagli spalti, ma vissuto in campo e sui gozzi; prendersi cura dei fratelli minori e dei piccoli abbandonati e soli; dare una mano in casa; educarsi alla cittadinanza attiva e stimolare il dibattito e il confronto sociale; infoltire le fila dei volontari della Misericordia e delle altre associazioni di assistenza; accudire i malati e gli anziani; visitare i carcerati; dare tempo e cuore ai disabili e farsi prossimo ai portatori di handicap e alle loro famiglie, e, a coronamento e sostegno di tutto, imparare a pregare; pensare con la propria testa, ed esercitare un amore grande e generoso verso tutti, a cominciare dai poveri e dagli emarginati.

Chiedo a S. Giulia d'intercedere per i nostri giovani la grazia di questa vita bella e piena, ricca di futuro e carica di speranza per tutti noi.
Una vita illuminata dal Vangelo, resa feconda dall'amicizia con Cristo, liberata e portata al largo dal vento dello Spirito Santo.
Chiedo a S. Giulia di intercedere per tutti noi la grazia di saperne offrire ai giovani l'esempio, di farne sentire il desiderio, di educarne pazientemente lo sviluppo e di condividerne con gratitudine la gioia.

Amen

+ Diego, Vescovo



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