Santa Giulia Vita e martirio di
Santa Giulia


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Il racconto di S.Giulia nella memoria della tradizione orale corsa
Esame critico della leggenda altomedievale benedettina
Ipotesi alla luce della moderna critica storica

Le narrazioni della testimonianza di fede di Santa Giulia risalgono sostanzialmente a due diverse fonti: la leggenda di antica origine benedettina e la tradizione orale corsa.
     Con il trascorrere dei secoli si è affermato il racconto benedettino, diffuso attraverso numerose versioni scritte. Questo racconto di origine medievale è rimasto a lungo l'unico disponibile in forma stampata: ripetuto innumerevoli volte, ha finito per essere assunto come autentico. In questa forma lo ritroviamo ovunque, anche sul web viene ricopiato sempre con le medesime esatte parole.
     Tuttavia la versione tradizionale della leggenda corsa offre aspetti di maggiore attendibilità, anche alla luce della moderna critica storica.
     Per comprende cosa si debba intendere esattamente per "leggenda" in relazione alle vite dei santi, si veda la sezione dedicata al valore storico delle passio leggendarie.
     Occorre poi precisare che la pietà popolare venera diverse sante dei primi secoli con il nome di Santa Giulia. Prerogative, attributi, e modalità del martirio accomunano poi in modo straordinariamente simile antiche vergini martiri. Queste figure, tutte riferite ad una giovanissima santa, sono onorate in diverse aree dell'europa con nomi diversi ma sembrano ricondurre ad un'unica antichissima tradizione.



 

SANTA GIULIA nel racconto della tradizione orale in Corsica

SANTA GIULIA DI NONZA

Sulla costa ovest di Capo Corso, il vecchio villaggio di Nonza domina il mare, appollaiato sopra ad un impressionante picco che Tolomeo chiamava il promontorio sacro. Santa Giulia nacque in questo luogo verso la fine del III° secolo. Per i Romani questa ragazza diventerà in seguito Santa Giulia della Roccia.
      A partire già dal primo secolo, gli evangelizzatori percorsero il territorio dell'isola, convertendo una buona parte della popolazione corsa. Purtroppo i primi cristiani conobbero presto i giorni oscuri delle persecuzioni. Particolarmente sanguinosa fu la persecuzione dell'anno 303, nel corso dell'ultima parte del regno dell'imperatore Diocleziano. In questo periodo i cristiani furono sorvegliati, spiati, maltrattati e le preghiere pubbliche proibite sotto pena di morte.
      Tuttavia la mollezza conviene solo ai culti decadenti. Presso i giovani fedeli, la fede era più viva di quanto fosse giovane la loro religione. Non potendosi incontrare nei luoghi santi, i cristiani furono costretti a riunirsi in posti tenuti segreti, a dispetto della sorveglianza dei persecutori.
      Il massimo livello di ferocia fu raggiunto sotto il mandato del prefetto Barbarus.
      Fu così che, nel giorno della natività dell'anno 303, furono organizzate delle feste pagane e la popolazione venne invitata.
      Un gruppo di donne, tra le quali la giovane Giulia, fu chiamata ad onorare gli dei pagani. Questo era inaccettabile per una giovane ed ardente cristiana. Ella si diresse apertamente verso la chiesa e s'inginocchiò sulla soglia della porta chiusa.
      Immediatamente arrestata e condotta in giudizio, le fu richiesto di rinnegare la sua religione. Di fronte al suo mutismo fu emessa la condanna al supplizio della croce. Al momento della crocifissione i persecutori, furiosi nel vedere che la minaccia di morte non aveva alterato la serenità della giovane cristiana, le strapparono i seni e li gettarono ai piedi di una roccia sottostante.
      Si racconta che, in quel giorno di freddo vivo, qui scaturirono due sorgenti d'acqua calda e fumante.
      Questo miracolo non disarmò l'odio dei pagani, ma fortificò la fede dei giovani cristiani testimoni del supplizio.
      Come non avrebbero potuto restare impressionati dallo spettacolo di una ragazza giovane e sensibile che sopporta le più tremende sofferenze senza una parola, senza un grido, gli occhi sempre alzati verso il cielo, come in estasi.
      Sul luogo della sorgente miracolosa, fu costruita un'edicola sacra. Distrutta più volte a causa delle invasioni che si succedettero, la cappella fu sempre ricostruita dagli abitanti di Nonza che ogni anno, il 22 maggio, onorano e pregano, sugli stessi luoghi, la loro patrona santa Giulia di Nonza.

Langue française     SAINTE JULIE DE NONZA (version en langue française)

Questa versione dell'antica tradizione orale tramandata in Corsica è tratta da:
CONTES CORSES
Antoine Trojani
Editions Fernand Lanore, Paris, 1964.
142 pages, broché, couverture illustrée, illustrations de Pierre Rousseau.
Collection Folklore.

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SANTA GIULIA: la leggenda benedettina

Donna Angelica Baitelli pubblicò nel 1794:
La Vita di Santa Giulia Vergin e martire, in appendice agli «Annali Istorici dell’edificazione erezione e dotazione del Serenissimo Monastero di S. Salvatore e S. Giulia di Brescia... di Donna Angelica Baitelli minima monaca del Serenissimo Monastero aggiuntavi la vita di S. Giulia con altre relative nozioni». Brescia, dalle stampe Bendiscioli, 1794, pp. XVI-28.
Questo testo raccoglieva e riordinava tutti i precedenti racconti di origine benedettina.
L'autrice arricchì la narrazione dal punto di vista letterario, rifacendosi all'antico
«Manoscritto dell'archimonasterio di S.Remigio di Reims confrontato con quelli già editi».
Di questo remoto testo medioevale si riporta qui una sintesi, adattata al linguaggio contemporaneo.

SANTA GIULIA DI NONZA

Liberamente tratto dal codice manoscritto dell'archimonasterio di S. Remigio di Reims

I benedettini estensori delle narrazioni più antiche raccontano che per tramandare nel tempo la memoria della Santa Martire Giulia interrogarono gli anziani. Questi risposero di avere appreso il racconto della sua vita dai loro predecessori.
A loro volta essi stesero questa relazione perché non accadesse che il culto si attenuasse con il trascorrere del tempo. Così scrissero la storia della passione di questa grande martire di Capo Corso che consacrò l'intera isola con il proprio sangue.

Erano i tempi di papa Sisto Terzo ed imperatori Teodosio e Valentiniano. Genserico, quarto re dei Vandali, dopo avere sconfitto i Romani in Spagna, nell'anno 436 varcò lo stretto di Gibilterra e passò in Africa con ottantamila combattenti. Giunto a Cartagine, egli assediò la città e la conquistò, mettendola a ferro e fuoco. Egli era ariano e nemico dei cattolici e dei pagani, che subito iniziò a perseguitare. Giulia era una giovane vergine di aspetto nobile e bello ma i Vandali non la offesero in alcun modo perché questa era l'usanza di quel popolo. La presero quindi schiava con altre fanciulle e vendettero ad un mercante siro di nome Eusebio.

Giulia era cristiana ed osservava i precetti degli Apostoli. Obbediva umilmente e con prontezza ad ogni ordine del padrone, il quale ammirava la sua operosità.

Eusebio rispettava la fede di Giulia, che dedicava alla preghiera ed alle letture sacre ogni breve momento di riposo. Anzi non gli fu possibile neppure ottenere che la santa rinunciasse ai digiuni, se non nelle feste pasquali. I sacrifici la rendevano esile e pallida, ma Giulia perseverava nell'astinenza e nella castità, cibandosi della Parola di Dio.

Il pagano Eusebio era pronto a prenderla in moglie, se solo Giulia avesse lasciato la sua fede cristiana. La giovane dichiarò invece di essersi dedicata interamente a Dio e di aver fatto voto di verginità e povertà, quando ancora era ricca e libera.

Giulia Continuò a servire con tanta assiduità e sollecitudine che Eusebio si convinse a nominarla amministratrice dei suoi beni, ponendola a capo della servitù.

Il re dei Vandali Genserico estese le sue conquiste alla Sardegna ed alla Corsica ed Eusebio pensò di estenderli in queste isole i suoi commerci. Egli si sarebbe stabilito a Nonza nel 439, sul lato occidentale di Capo Corso, noto nell'antichità come Promontorio Sacro. Qui Giulia diresse con tanta carità e saggezza gli affari del padrone da farsi conosce e stimare al punto che molti credettero che ella fosse nativa di quei luoghi.

Accadde che Eusebio s'imbarcasse per i suoi commerci verso le Gallie, portando con sé Giulia. Era già in alto mare quando, dopo due giorni di navigazione tempestosa, si accorse di avere lasciato alcuni suoi gioielli a Nonza. Una volta sbarcato, apprese che a Nonza era giunto il prefetto Felice, che aveva fatto allestire sulla piazza principale un grande atto sacrificale. Costui era un militare di origine sassone, salito ai più alti gradi dell'esercito romano.

Felice chiamò Eusebio a partecipare al sacrifico pagano ed alla festa che ne seguì. con grande festa. Compiuto il sacrificio, fu preparato un gran pranzo, finito il quale alcuni cortigiani di Felice chiesero ad Eusebio di poter visitare la sua nave.

Vi trovarono una giovane che pregava con le mani levate al cielo. Interrogata su chi fosse e perché non avesse partecipato al sacrificio con gli altri, si sentirono rispondere che era cristiana e che perciò non poteva intervenire ai sacrifici pagani.

Questo fu riferito a Felice, che si sdegnò per il rifiuto. Eusebio scusò la schiava, decantandone le virtù ed affermando che già aveva messo in atto ogni tentativo per convincerla ad abbandonare la sua religione. Felice allora propose ad Eusebio di scambiare la sua schiava con altre quattro ma non ottenne nulla. Propose allora ad Eusebio tante libagioni da renderlo completamente ubriaco e farlo così cadere nel sonno più profondo.

Felice comandò che gli fosse portata la giovane ed iniziò ad interrogarla. La fanciulla rispose che era cristiana e cartaginese prigioniera di Eusebio, di nome Giulia. Egli le chiese ancora se sapesse che egli era il Pretore della Provincia, con assoluto potere sulla vita e sulla morte di qualsiasi persona che non adorasse gli idoli. Giulia rispose che lo riveriva per il potere che aveva, ma che come cristiana non conosceva altra divinità che Dio immortale, padrone della vita e della morte: gli uomini potevano sì far soffrire il corpo, ma mai, e in nessun modo, l'anima.

I capo pagano iniziò con maniere dolci e persuasive, per convincerla a sacrificare agli dei promettendole tra l'altro, di liberarla dalla sua condizione di schiava. Giulia rifiutò fermamente. Alle minacce di morte la giovane rispose dichiarando con orgoglio la sua fede e la sua gioia, per essere stata chiamata a condividere le sofferenze della Passione e si disse felice di poter patire come Gesù.

Il pretore Felice comandò quindi che Giulia fosse sottoposta a tortura, ma la giovane resisteva offrendo serenamente i suoi patimenti in comunione con Gesù. Fu percossa con violenza, denudata e frustata, poi graffiata con uncini di ferro. Infine la fece appendere per i capelli ad un albero. Quando poi anche questi mostrarono di non riuscire più a sostenerla, fece tendere le braccia e legare le mani ai rami, affinché il supplizio si prolungasse.

Gulia non si curò di nessuna sofferenza, dichiarando ad alta voce che lasciava volentieri che il corpo fosse tagliato e bruciato mentre l'anima diventava sempre più degna della Vita Eterna. L'aguzzino ordinò allora di strappare alla giovinetta i seni, che furono scagliati contro la roccia arida, facendone zampillare due sorgenti.

Constatando che Giulia resisteva alle più terribili torture, Felice cominciò a temere che Eusebio si potesse risvegliare rivendicando la sua schiava. Inoltre la folla presente era assalita dal disgusto per tanta crudeltà e meravigliata per la fermezza nella fede dimostrata dalla giovane martire. Decise quindi di farla presto morire. La giovane fu slegata ed invitata ancora una volta ad abiurare la fede cristiana. Giulia rispose con fermezza dichiarando di essere pronta a testimoniare con il sangue il suo amore per il Redentore.

A questo punto Felice si infuriò a tal punto da volere che Giulia fosse crocifissa come il suo Dio. La croce fu eretta nel luogo dove poi sorse la chiesa parrocchiale di Nonza. La vergine, per ulteriore umiliazione, venne denudata ed infine crocifissa.

Così la martire morì serenamente, rivolgendo gli occhi al cielo. Con l'ultimo respiro le uscì di bocca l'anima, sotto forma di una candida colomba che volò nell'infinito, verso il Paradiso.

I carnefici si dispersero e gli angeli di Dio vennero ad aleggiare intorno alla croce. Alcuni tra di loro si soffermarono a scrivere gli atti del glorioso martirio, altri angeli volarono verso l'isola di Gorgona, di fronte lle coste toscane e sede di un importante monastero benedettino.

Gli angeli si presentarono ad monaci, annunciando il martirio della santa giovinetta ed invitandoli a partire immediatamente per ricuperarne il corpo. I monaci presero in fretta una barca, che spinta subito da un vento favorevoli condusse a Nonza. Là trovarono la santa crocifissa e la scritta degli Angeli che attestava il santo martirio.

Le spoglie della martire furono così condotte sull'isola di Gorgona. I monaci unsero allora con profumi il corpo della santa e lo seppellirono con grandi onori in un monumento funebre. Era il 22 maggio, giorno per il quale venne fissata la festa liturgica.


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Analisi e critica storica del racconto leggendario benedettino

ANALISI E CRITICA STORICA

I frati benedettini scrivono la loro versione della leggenda di santa Giulia quando le reliquie della martire sono state da tempo trasferite nell'antico monastero dell'isola di Gorgona, forse addirittura quando i resti si trovano ormai custoditi in terraferma a Lucca.

Non si tratta quindi semplicemente di raccontare una edificante storia sacra, ma anche di dar conto di un importante possesso. Per le sante reliquie dei martiri, i fedeli dell'epoca medievale erano pronti a spendere fortune, intraprendere guerre e persino trafugare con la violenza e l'inganno. Offrire alla venerazione dei propri concittadini e dei sudditi le spoglie miracolose dei santi, conferiva un prestigio ed un riconoscimento in cui politica e religione tendevano a confondere ruoli e dignità.

Quali fatti portarono le spoglie di santa Giulia dalla Corsica sull'isola di Gorgonia e poi sulla terraferma toscana? Quale fu la storia autentica del suo martirio? Rispondere a queste domande significa trovare la chiave per decodificare il racconto leggendario e ricostruire gli eventi che furono poi distorti sotto il condizionamento di opportunità religiose e politiche.

Se la realtà storica appare ormai dimenticata per sempre, non ci resta che raccogliere i pochi superstiti indizi, confrontandoli con i documenti che indirettamente ci consentono di ricostruire in modo attendibile l'epoca e l'ambiente su cui vogliamo indagare.
Qui di seguito gli elementi proposti dalla leggenda vengono esaminati alla luce della critica storica.

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Una conclusione affidata al cuore:

ANCORA UNA LEGGENDA

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Variazioni leggendarie sulla figura di santa Giulia nella tradizione europea

VARIANZE NELLA TRADIZIONE EUROPEA

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