Santa Giulia Racconto leggendario del martirio
di Santa Giulia Vergine Martire


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Questa sezione è destinata a raccogliere le diverse versioni delle "PASSIO" scritte da monaci ed eruditi del passato. Il racconto tradizionale del martirio di Santa Giulia Vergine Martire si fonda su questi scritti, redatti diversi secoli dopo il sacrificio di Santa Giulia. I fatti storici, ormai persi per sempre, risultano arricchiti di elementi arbitrari o deformati fino ad assumere la forma di leggenda. Gli antichi racconti immaginari e le narrazioni fantasiose furono prodotte nei secoli per l'edificazione morale dei fedeli. Una parziale ricomposizione della testimonianza di fede di Santa Giulia può essere oggi tentata attraverso la critica storica, la ricerca archeologica, geografica e la tradizione orale locale.

Il valore storico delle passio leggendarie
Come interpretare le leggende dei santi dei primi secoli del cristianesimo



Dal codice manoscritto dell'archimonasterio di
S. Remigio di Reims
confrontato con quelli già editi


COMINCIA IL PROLOGO

I) Dice la Scrittura, confratelli carissimi, "Queste cose essi narreranno ai propri figlioli, affinché questi ripongano la lor speranza in Dio e non dimentichino tutte le meraviglie che Iddio ha compiuto nei suoi Santi".
In quei giorni, infatti, interrogammo gli anziani qual mai sia stata la vita della Santa Martire Giulia, e per quali grandi meriti della sua passione abbia ottenuta la palma del martirio; ed essi ci risposero d'aver ricevuto dai propri maggiori questa relazione delle di lei gesta, veramente degna di fede. E noi, a nostra volta, crediam sia dover nostro trasmettere ai leggitori tali notizie, in alcune paginette, non tanto adorne d'elegante stile, quanto assai fedeli nella lor semplicità, affinché non accada che, languendo col tempo il fervor del culto, cada completamente nell'oblio la storia della passione di sì gran martire, che dal Capo Corso, coll'effusion del suo sangue per amor di Nostro Signore Gesù Cristo consacrò l'intera provincia.

COMINCIA IL RACCONTO DELLA PASSIONE

II) Essendo in quel tempo caduta in man de' barbari la città di Cartagine, allor la Beata Giulia ne fu condotta via prigione, e sorte volle che venisse in servizio d'un certo Eusebio. Ma la venerabil Martire osservava i precetti degli Apostoli. Serviva al suo padron terreno e compiva il suo dovere d'umil serva, non come colei che ubbidisse al cenno d'occhi umani, ma come se tutti gli ordini fosser comandi dell'Eccelso Dio.
E sebben fosse pagano, il di lei signore ne ammirava lo zelo tanto grande nel servizio, per lo che, un poco, anche avea rispetto della sua costanza nella fede religiosa. Chè s'appena le fosse dato sollievo, compiuto il servizio suo, o dedicavasi alla lettura delle Scritture Sante o s'immergeva in preghiere.
Poichè, adunque, per amor di Dio si tormentava con digiuni, giammai, si dice, potè il padron suo distoglierla dall'astinenze, nè con blandizie nè con ammonimenti, se non nei domenicali giorni della Resurrezione.
Pallido era il suo volto pel digiuno, ma la fede mantenevasi salda; s'inaridivan le membra per il tormento, ma la mente fissa al cielo si cibava ogni giorno delle parole di Dio: era pallida del color di viola dell'astinenza, splendeva del candor de' gigli della Castità.

III) E così il suo padrone terreno, cittadin di Siria, mentre facea vela per le Gallie con un carico di merci preziosissime, inopinatamente lasciò a Capo Corso ciò che di più prezioso avea. Chè avendo i suoi rematori fortissimi colà ormeggiata la nave all'ancora, come vide da lungi che da' pagani del luogo s'era iniziato un rito sacrificale, subito, di fretta, precipitossi Eusebio con tutti i suoi, per partecipare ai sacrifici medesimi. E quel dì s'immola ai demoni un toro.
E frattanto mentr'essi sconciamente impazzivan nelle crapule, e Santa Giulia a causa de' loro errori andava traendo profondi sospiri, ecco che s'annuncia a Felice da' satelliti suoi, che v'era sulla nave una giovinetta che irrideva al culto degl'Idoli. E quel figlio dell'infernal serpe così parlò ad Eusebio: "Com'è che non tutti coloro che teco si stanno, son scesi dalla nave per venerar gli Dei nostri? Mi si dice infatti ch'havvi oltre a cotesti, qui presenti, una fanciulla che sprezza il santo nome de' nostri numi".
Risponde Eusebio: "La giovinetta di che tu dici, in nessuna guisa riuscii a rimuover dal culto, o dicasi piuttosto superstizion, de' Cristiani, nè con minacce ed interdetti potei condurla alla nostra religione e se non mi fosse necessaria essendomi ancella, pel suo servigio fedelissimo, già l'avrei sottoposta alle meritate pene". E allor Felice Saxo a lui: "E tu la costringi a scioglier voti agli Dei nostri, e in fede io darotti quattro dell'ancelle mie, quelle che più ti piaceranno, ovvero il prezzo che sarà fra noi pattuito; tu altro non far che consegnarla in mie mani". Al che rispose Eusebio: "Quand'anche mi dessi l'intero tuo patrimonio, comparar non potrebbesi coi meriti de' suoi servigi".

IV) Allor, preso consiglio, quel serpente di tossico ripieno, fece imbandire un convito, nel quale Eusebio, inebriato da coppe di vino affaturato, s'assopì in profondissimo sonno. E tosto gran turba di pagani in furia salgon sulla nave, ne traggon Giulia e al lido la depongono.
E allora le ingiunse Felice Saxo: "Sacrifica agli dei, Giovinetta. Io, per te, pagherò al signor tuo qualsivoglia prezzo egli mi chieda, e scioglierò i vincoli del tuo servaggio". Ma Santa Giulia rispose: "Mia libertà è servir Cristo, al quale io servo ogni giorno con mente pura, chè anzi l'error vostro non solo non venero, ma, assai più, detesto, sprezzo e condanno".
Comandò allora Felice Saxo che la si colpisse con ceffate. Ma disse S. Giulia: "Se il Signor mio Gesù Cristo si prese per me sputi e schiaffi in sulla faccia, perché non dovrei io, per me istessa, esser colpita di ceffoni, mentre mi rigan le guance queste lagrime che ben posson far le veci degli sputi?". Di nuovo, allora, il dragon crudelissimo ordinò che le si torcesser le chiome. La venerabil martire di Dio vien torturata, flagellata; e nella sua professione di fede proclamava a gran voce: "Professo fede in Colui che per me fu flagellato. Se infatti il Signor mio fu per me incoronato di spine e sostenne il glorioso supplizio della Croce, perché non dovrei anch'io, con i miei morbidi capelli, e pel vessillo della sua fede, sostener la lotta di questa passione, sì ch'io meriti di giungere alla palma del martirio?"

V) E così, in gran fretta quel rettile, per non pagar lo scotto delle sue crudeltà, comandò che la Santa serva di Cristo fosse confitta al patibolo della Croce, e mentre Eusebio tuttavia si dormiva, ella uscì alla fin vittoriosa dalla più gran battaglia della carne; e mentr'egli allentava infine il freno del sopore lentamente svegliandosi, quell'anima santa, sciolta dal carnale involucro, incoronata delle rose del martirio, s'innalzò in lieto volo con gli Angeli verso gli astri del cielo, e colassù dinanzi al talamo delle nozze celesti, mostrò alla presenza degli Angeli, la Croce, sua ricca dote nuziale, proclamando la sua professione con piena fede ed apponendovi a firma il sigillo del suo sangue. Il che per essi Angeli e per divina disposizione, fu annunziato nell'isola Margarita (Gorgona) alla congregazione de' santi monaci. Questi tosto s'imbarcarono e, spiegate le vele, col favor de' venti ben presto pervennero al Capo Corso, e, ricercatala, così la ritrovarono, com'era stato lor rivelato dagli Angeli.
Tolsero essi adunque, con riverenza somma, dalla Croce il corpo della Santa Martire di Cristo, sulla nave lo posero, e di bel nuovo spiegate le vele, con venti altrettanto propizi, navigando se ne tornarono con somma prestezza.

VI) Allor si fecero loro incontro certi altri monaci dall'Isola Capraria, pur essi col vento in poppa; e si meravigliavano che, all'incontro della normal forza del vento, le vele aperte com'ali d'augelli facesser lor cammino.
Ed, accostatisi, con gran diligenza andavan richiedendo qual mai Virtù del Signore ci fosse nella nave; e tutto fu lor narrato ordinatamente, si come era accaduto; allor chiesero, ed ottennero, la benedizion di quelle sante reliquie e lieti alle lor dimore se ne tornarono.
Quelli, intanto, giunsero all'isola Gorgona, e calato il di Lei corpo dalla nave ed imbalsamatolo con (preziosi) aromi, lo deposero con gran gioia in un degno sepolcro. Accadde tutto questo il giorno 22 del mese di Maggio; ed or fioriscono in quel luogo le orazion de' santi in lode del Nostro Signor Gesù Cristo al Qual sia Onore e Gloria ne' secoli dei secoli.

Amen


Traduzione e adattamento linguistico del testo antico
a cura del prof. Leonardo Urbinati.
Contributo di studio e ricerca in:
S. GIULIA V.M. - una santa un villaggio, Antonio Fappani
Edizioni VOCE DEL POPOLO, Brescia 1984
[Si ringrazia l'autore per la gentile concessione alla pubblicazione]



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