Santa GiuliaSanta Giulia
nella città e nella provincia di Brescia


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Santa Giulia: storia di fede e devozione
sul territorio di Brescia e provincia.

In questa sezione viene presentato il quadro generale degli eventi storici e dei motivi su cui si fonda la tradizione della devozione a Santa Giulia in Brescia e nella sua provincia.
Per gli approfondimenti si rimanda a:

Santa Giulia è in Brescia legata alla tradizione di fede e devozione che è nata e si è sviluppata partendo dal monastero che porta il suo nome.

La storia del monastero femminile di Santa Giulia è strettamente legata alla dominazione longobarda.
I Longobardi erano una popolazione guerriera di origine scandinava che si era progressivamente spostata, attraverso diverse fasi migratorie, verso il Sud.
Scesi in Italia nel 568, condotti da Alboino, occuparono in pochi anni quasi tutta la penisola.
Treviso, Vicenza, Verona, Brescia, Bergamo, Milano furono prese nel 569, in seguito furono conquistate Modena, Lucca, Chiusi, Camerino, Spoleto, Benevento (572), Pavia (572) e Bologna. Padova, Monselice e Mantova riuscirono a resistere più a lungo. Ticinium (Pavia) fu presa per fame soltanto dopo un assedio di tre anni, diventando la capitale del regno longobardo.
I grandi raggruppamenti familiari di questo popolo nomade formavano praticamente delle tribù condotte da un capo, cioé da un "duca". Si costituirono quindi ducati nelle ex province romane, laddove i "duces" non erano tali nel significato romano, ma piuttosto valorosi capi riconosciuti di uno stesso gruppo o "famiglia".
Due ducati in particolare svolsero un ruolo importante in relazione al culto di Santa Giulia: quello di Lucca e quello di Brescia.
Brescia fu per un certo periodo capitale longobarda, di re Rotari si ricorda il famoso editto che codificava usi e diritti Longobardi.
I Longobardi passarono abbastanza rapidamente dalle originarie credenze pagane al cristianesimo. La giovane fede religiosa longobarda fu strettamente legata all'opera ed alla testimonianza religiosa e culturale benedettina. L'abate bresciano Petronace ricevette nel 717 da papa Gregorio II l'incarico di ricostruire l'abbazia benedettina di Montecassino, distrutta un secolo prima proprio dall'invasione longobarda.

Nel 753 Il duca della Tuscia (Toscana) Desiderio, giunse a Brescia per sposare la bella e colta nobile longobarda Ansa. Egli si era formato in un ambiente sociale e in cui dominava il prestigio culturale benedettino. Nel ducato longobardo di Lucca, da cui Desiderio proveniva, i benedettini mantenevano certamente viva, con la predicazione, la devozione per la martire corsa Santa Giulia, di cui conservavano le sante reliqiue nel vicino monastero sull'isola Gorgona.
Furono gli anni del massimo splendore longobardo, prima dello scontro finale con Carlo Magno. Proprio nel 753 Desiderio ed Ansa istituirono il monastero benedettino femminile inizialmente intitolato a San Michele Arcangelo ed a San Pietro apostolo. San Michele Arcangelo fu sempre venerato con particolare devozione dai Longobardi, che ne apprezzavano la connotazione guerriera, ancora forse condizionati dal ricordo degli antichi dei pagani un tempo adorati.
Con l'edificazione, a partire dal 754, La dedicazione del monastero femminile fu subito estesa al Santissimo Salvatore ed a Santa Maria.
Questo primo monastero, noto con il nome di San Salvatore, ebbe come prima badessa Anselperga, figlia di Desiderio.
La regina Ansa dotò il monastero di vaste proprietà terriere in Ripalta nel Cremonese ed a Timoline in Franciacorta. Re Desiderio concesse Sirmione e vasti possedimenti in Emilia, Toscana, Umbria e Campania. Da queste reali donazioni ebbe inizio e fondamento il potere economico e politico di uno dei monasteri che svolse un ruolo di primo piano nel medioevo italiano.

Il forte legame di re Desiderio con i benedettini e l'impiego anche politico della loro presenza sul territorio si rileva da diversi avvenimenti. Il re longobardo si rivolse infatti a Petronace per ottenere che un gruppo di frati benedettini ben istruiti, provenienti da Montecassino, desse avvio nel 758 alla costruzione dell'abbazia di Leno, destinata diventare un centro di riferimento estremamente importante nel corso del medioevo, tale da rivaleggiare con i maggiori monasteri italiani ed europei e giungere a superare la potenza economica di quelli di Farfa, Nonantola e Montecassino stesso.
Ne conseguì una fase di estese opere di bonifica e di valorizzazione agraria su tutto il territorio bresciano, particolarmente nei possedimenti dell'abbazia di Leno e del monastero di Santa Giulia.

Il monastero bresciano divenne noto con la denominazione di Santa Giulia perché nel 763 - 764 Desiderio fece trasferire i resti mortali di Santa Giulia dal monastero benedettino dell'isola di Gorgona a Brescia. La sbarco sul continente avvenne nell'area del Sinus Pisanus e quindi vicino a Livorno. Da questo fatto ha origine lo speciale patronato di Santa Giulia su Livorno.
Il percorso della traslazione toccò diverse località che portano ancora traccia di questo passaggio. Le spoglie di Santa Giulia vennero da allora custodite e venerate nel monastero bresciano.

Il passaggio dall'intitolazione del monastero da San Salvatore a Santa Giulia fu graduale nel corso dei secoli e la dedicazione rimase sempre comunque associata.
Verso il finire del millenio la denominazione prevalente divenne comunque quella di monastero di Santa Giulia.

Nel 770 re Desiderio tentò di proteggere il regno longobardo attraverso il matrimonio della figlia Desideria (più nota con il nome di Ermengarda) con Carlo Magno, che la ripudiò però l'anno successivo.
Questa decisione venne assunta da Carlo Magno anche per schierarsi decisamente nel quadro della politica antilongobarda di papa Adriano I.
Possiamo quindi presumere che il monastero di Santa Giulia accolse Ermengarda, come anche diverse altre figlie di re Desiderio e della regina Ansa.
Con il 774 cadde Pavia, cedendo all'assedio dei Franchi e si concluse perciò il regno longobardo.

Il monastero di San Salvatore, ristrutturato ed ingrandito nell' 814, divenne "monasterium novum" ma aveva nel frattempo continuato ad arricchirsi di donazioni e possedimenti. Dopo avere accolto le più nobili fanciulle longobarde, divenne prestigioso monastero ed educandato per le figlie delle famiglie più potenti e ricche della nobiltà imperiale carolingia. Da tutta Europa convennero verso il monastero di Santa Giulia le ragazze destinate a divenire poi donne e spose in posizioni di grande potere economico e politico. Nel monastero, direttamente dipendente dall'imperatore ed immune da qualsiasi ingerenza vescovile, insegnavano allora le più belle menti del tempo. La potenza e l'autonomia raggiunsero il vertice quando, nell' 837, l'imperatore Lotario I concesse alle monache di nominare liberamente la propria badessa. L'autonomia, la ricchezza e la potenza del monastero di Santa Giulia furono riaffermate o risultarono affievolite a fasi alterne attraverso i secoli, fino alla fine del Settecento.

Il complesso monastico di Santa Giulia divenne, nel corso dei secoli, estremamente esteso ed articolato in chiostri, fabbricati e sopraelevazioni. Sopra al vestibolo ed alla parte anteriore dell'antica chiesa di San Salvatore, venne eretto nel 1466 un grandioso coro decorato con affreschi tra i secoli XV e XVI. Il coro delle monache fu poi inglobato come abside della chiesa di Santa Giulia, edificata a partire dal 1566 e dedicata alla santa nel 1599. La chiesa subì in seguito le sorti del monastero, per divenire nel 1882 sede del Museo dell'età Cristiana.

Nel 1797 si sviluppò sul territorio bresciano l'azione rivoluzionaria giacobina, con violente persecuzioni anticlericali che giunsero a confische, saccheggi e fucilazioni. Nacque la Repubblica Bresciana, che entrò poi a fare parte della Repubblica Cisalpina. Il monastero di Santa Giulia venne soppresso con decreto del 30 maggio 1797, ma la sua chiusura definitiva ebbe luogo in seguito al decreto del 29 giugno 1798 che soppresse tutti i monasteri e gli ordini religiosi.
Tutti i beni vennero incorporati nelle proprietà demaniali, dispersi, messi all'asta.
Il monastero di Santa Giulia fu trasformato in caserma, restando con questo utilizzo anche con la restaurazione, sotto gli Austriaci e fino alla riunificazioni d'Italia. Fu poi deposito comunale ed in stato di completo abbandono fino a quando non si decise di recuperarlo per farne la sede dei Civici Musei di Brescia.
Il periodo napoleonico assestò un colpo mortale al monastero di Santa Giulia, smembrandone e disperdendone i beni. Dal punto di vista religioso, il disastro non fu più cancellato dallo storico edificio.

Nel 1797 le reliquie di Santa Giulia vennero portate nella chiesa di San Pietro in Oliveto, sulle pendici del castello che domina Brescia. Qui rimasero fino al 1849, per essere quindi trasferite nella chiesa del Santo Corpo di Cristo, nota come San Cristo, adiacente al Seminario vescovile.
Nel 1957 le sante reliquie furono ancora spostate per essere portate nel nuovo Seminario di Santa Maria Immacolata, dove rimasero fino al 24 maggio 1969, giorno in cui furono traslate nella chiesa parrocchiale del villaggio Prealpino, dedicata appunto al nome di Santa Giulia.

Il Seminiario vescovile è dunque a lungo convissuto con la custodia delle reliquie di Santa Giulia, segnando il percorso di formazione di tanti sacerdoti bresciani. La collocazione periferica delle sante reliquie non ha impedito in Brescia lo sviluppo di iniziative di cultura e di studio, persino sociali, turistiche, folkloristiche e financo commerciali che continuano a richiamarsi al nome della santa.

Eppure i resti di quella ragazza crocifissa, dalla teca di cristallo di una chiesa della periferia di Brescia, continuano a voler dire qualcosa a chi sa ascoltare.


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